La grande casa
Collana: Le Fenici
Casa editrice: Guanda
Finalista per il National Book Award per la narrativa 2010 e nella longlist per l'Orange Prize 2011
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Nel 2010, la scrittrice ebraica statunitense Nicole Krauss (New York, 1974) pubblica un romanzo dal titolo "Great House" (trad. it. La grande casa, 2011), in cui la scrivania ricopre un ruolo da vera protagonista.
Il romanzo, infatti, narra di un'enorme scrivania appartenuta ai molteplici personaggi citati, che proprio su di essa hanno scritto e raccontato storie vissute nel dolore e solitudine causato dalla devastazione delle guerre. Una giovane scrittrice statunitense Nadia, casualmente riceve in prestito tale scrivania da un poeta cileno, e la descrive come:
"è enorme spettrale…la scrivania, però, era tutt'altra cosa. In quella cameretta semplice e minuscola, metteva in ombra tutto il resto come una specie di mostro grottesco e minaccioso… che risucchia tutta l’aria della stanza, un colosso foriero di cattivi presagi che opprimeva gli occupanti della camera in cui si trovava"
Questa scrivania così pesante e ingombrante, è così grande da fare sembrare piccolo qualsiasi ambiente che la ospitasse. E' ingombrante proprio come la memoria dei mestieri, ricordi, rimpianti e dolori di cui essa è simbolo.
La scrivania inoltre è composta da 19 cassetti, ognuno contenente un accessorio o un oggetto appartenuto agli svariati romanzieri possessori della scrivania. Nonostante ciò, uno di questi cassetti è chiuso a chiave e ciò conferisce sicuramente un senso di profondo mistero. Solo al termine del romanzo, uno dei personaggi dei racconti svelerà il segreto che si cela dentro quel cassetto.
Quindi, Nadia si rende conto che questa scrivania, come tempo addietro accadde con altri scrittori che su di essa composero romanzi e poesie, è ormai diventata parte integrante della sua identità.
Infatti, Nadia su questa scrive sette romanzi trattando temi sulla libertà dello scrittore e rivalutando alcune cose delle vita:
"Cominciai a sospettare di non aver rilevato la profondità nascosta delle cose, come avevo sempre creduto, ma di aver fatto il contrario, di essermi nascosta dietro le mie parole, usandole per ecclissare una lacuna segreta, una mancanza che avevo occultato agli altri per tutta la vita e, grazie alla scrittura, avevo tenuto celata persino a me stessa."
“difendo la libertà di chi scrive, libertà di creare, alterare, correggere, condensare, espandere, attribuire significati, ideare, rappresentare, simulare, scegliere un’esistenza… io esaltavo l’ineguagliabile libertà dell’ scrittore, libertà da qualunque responsabilità verso tutti e tutto… lo scrittore adempie a una più alta missione, a quella che in ambito religioso si definisce una vocazione e non può preoccuparsi troppo dei sentimenti di coloro da cui prende in prestito la vita….Non ha dovere di accuratezza o verosimiglianza rispetto alla realtà. Non è un contabile, né è obbligato ad assumere il ruolo ridicolo e fuorviante della guida morale. Nella propria opera è svincolato da ogni legge. Ma nella vita non gode della stessa libertà.”
"Fu allora che me lo disse: la scrivania era stata usata, per un breve periodo, da Garcia Lorca. Non so se stesse scherzando o meno, sembrava assai improbabile che quel viaggiatore cileno, più giovane di me, potesse aver messo le mani su un oggetto così prezioso, ma decisi di prenderlo sui serio, per non rischiare di offendere una persona da cui avevo ricevuto soltanto gentilezze. Gli chiesi come l’avesse avuta, e lui si strinse nelle spalle e disse che l’aveva comprata, senza però approfondire ulteriormente. E adesso la sto dando a te, pensai che avrebbe aggiunto, invece restò in silenzio e si limitò a sferrare un debole calcio a una delle gambe, non in modo violento, ma con gentilezza, con grande rispetto, e poi continuò a camminare. Subito dopo o più tardi ci baciammo."